giovedì 23 giugno 2011

Recensione - ONELEGMAN


ONELEGMAN - The Crack
(2011, Buil2Kill Records)
Hard Rock/Metal

Lo ammetto: quando Torrrmentor mi passò il disco della Rock band Onelegman per recensirlo, ho avuto per qualche istante il pregiudizio che si trattasse della solita band alle prime armi che in mancanza di una propria identità musicale ripropone pari pari le proposte musicali delle gloriose band dell’Hard Rock ottantiano, scopiazzando il songwriting ma (ovviamente) non il loro carisma e la loro, ai tempi, originalità.
Mi son dovuto tuttavia ricredere non appena ho iniziato ad ascoltare The Crack, il loro album in questione. Descriverei gli Onelegman come una band di Hard Rock moderno, che prende spunto anche da generi un po’ più particolari come il Nu Metal, il Crossover e il Post Grunge e che risulta, paradossalmente, originale e convincente. Comincio l’analisi del disco dicendo che alla Dysfunction Productions hanno fatto un lavoro più che discreto, e davvero non si rimpiangono le grandi produzioni della Geffen Records: livellamento dei volumi, cura delle linee vocali e delle coperture coi chorus… ogni cosa è al suo posto.
Come già anticipato, l’Hard Rock trattato dagli Onelegman è quello che contraddistingue gli ultimi due decenni (anni 90 soprattutto), quindi non aspettatevi dei mega assoloni o delle esplosioni di tecnica o di follia e allegria compositiva: il mood generale è pertanto più oscuro, decadente, sincopato e relativamente cattivo. Il disco è composto da nove brevi tracce, e ognuna sembra legata al sound di una particolare band. Troviamo infatti assonanze coi Velvet Revolver (SEE THAT TRUTH), Creed (THE CRACK), Placebo (NAKED HEART), Korn (ENN), gli ultimi e meno scontati Bullet For My Valentine (BLACK LAMB), Deftones (DREAM ON), Marilyn Manson (PRISONS), System Of A Down (VORTEX) e infine i Nickelback (TOMORROW MORNING IMPRESSION). Sembra un aspetto bizzarro, ma provate a sostituire, con l’immaginazione, la voce del cantante degli Onelegman con quelle delle band sopracitate nelle rispettive canzoni e mi crederete. Ogni canzone, pertanto, è come se fosse un tassello di un puzzle, ed è diversissima da tutte le altre senza però rinnegarle o facendo sembrare l’album un miscuglio disomogeneo. The Crack è compatto, diretto, graffiante e originale, a suo modo: sebbene infatti si riprendano in qualche modo i canoni di band già esistenti e famosissime, lo si è fatto in un modo molto particolare, che si limita a “strizzare l’occhio” ma non copia assolutamente nulla.
Personalmente mi ha colpito molto la voce del cantante, e ho iniziato ad odiarlo (scherzosamente parlando) in quanto se avessi avuto anche io una voce così avrei senza dubbio seguito quella vocina interiore che anni fa mi consigliava di seguire attivamente e a tempo pieno la scena musicale, e che decisi di mettere a tacere per mancanza di talento. Che invidia! Non saprei descriverla a parole, potrei magari in alcuni punti rassomigliarla a quella di Jonathan Davis (Korn), ma farei un errore in quanto è molto più eclettica e versatile, riuscendo ad entrare anche nei regimi delle voci estreme e facendo un’ottima figura anche lì.
Davvero una grande prova per gli Onelegman, a cui faccio soltanto due appunti: per prima cosa, il minutaggio: 31 minuti finiscono troppo in fretta! Non si fa nemmeno in tempo a prendere confidenza con l’ambientazione sonora, che l’album è già finito. Infine, avrei (personalmente) gradito la presenza di una ballad propriamente detta (oltre alla splendida Power ballad TOMORROW MORNING IMPRESSION), che confermi la validità degli Onelegman anche a bassi regimi di potenza.
In ogni caso, faccio i miei complimenti a questa band che sebbene non suoni i generi che ascolto abitualmente, ha saputo colpirmi e sorprendermi.

Grewon

Contatti:

Tracklist:

01 – See That Truth
02 – The Crack
03 – Naked Heart
04 – Enn
05 – Black Lamb
06 – Dream On
07 – Prisons
08 – Vortex
09 – Tomorrow Morning Impression

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Recensione - RAZORWYRE


RAZORWYRE – Coming Out
(2009, Autoprodotto)
Heavy/Thrash Metal

Un lavoro di grandissimo livello, all’insegna del vero Heavy Metal anni ottanta!! Coming Out, l’EP con cui i neozelandesi Razorwyre si presentano al mondo della musica, non può che sorprendere l’ascoltatore: i 5 componenti catturano ogni attenzione con il loro sound, mostrandoci uno stile che ricorda le grandi band protagoniste della NWOBHM come Raven ed Iron Maiden, con più aggressive influenze tipiche del Thrash Metal vecchio stampo; il vocalist Z Chylde si mostra più che preparato, immergendoci immediatamente nell’atmosfera degli 80’s con PARTY OF FIVE, la traccia di apertura che si innalza come una sorta di coro: questo pezzo mostra una ritmica grezza e potente e assoli tipicamente Heavy che non potranno che catturarci e lasciare già intuire che abbiamo a che fare con una band che merita assoluto rispetto!
La seconda traccia, FUCK YOU TONIGHT, si mostra più diretta e meno melodica rispetto a quella di apertura, mostrando grandissime influenze derivanti dalle correnti Speed-Thrash e una grandissima energia.
L’EP prosegue con OPERATION MARKET GARDEN, brano che non può che mettere in mostra uno stile piombato direttamente dalla NWOBHM: la ritmica della canzone non potrà non ricordare quella di band come i Maiden.
La penultima traccia è SUSPIRIA,  veloce e anch’essa molto convincente: in questa emerge uno Speed Metal di altissimo livello, dove ritmiche rapide e riff incalzanti regnano sovrani.
A chiudere il lavoro dei Razorwyre c’è BATTLESHARK, che si conferma all’altissimo livello del resto dell’EP: nell’intera durata dei suoi sei minuti ci viene mostrato ancora una volta lo spirito 80’s che emerge nella band, e sarà impossibile non farsi travolgere dal sound battagliero della formazione neozelandese, con riff di assoluto valore.
Se ancora non avete ascoltato Coming Out, alzate il volume e preparatevi all’headbanging!

Dave

Contatti:



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martedì 21 giugno 2011

Recensione - RAGESTORM


RAGESTORM – The Meatgrinder Manifesto
(2010, Autoprodotto)
Metalcore

Quarto EP per i Valdostani Ragestorm. The Meatgrinder Manifesto segue nell’ordine il debutto Storm Inside e i successivi Someone Hears? e The Passion. Questo quarto episodio si propone di essere il più ambizioso, nonché il più estremo della band, attiva sin dal 2004, e questa ambizione si palesa già dalla dimensione di concept che inevitabilmente catalizza una maggiore considerazione. L’idea alla base del disco è una rivisitazione in chiave moderna del Mito della Caverna di Platone tramite un’immagine metaforica che vede come protagonisti miliardi di persone (l’umanità) incastrate a loro insaputa dentro enormi ingranaggi (la società) che nell’impeto di dimenarsi per raggiungere la figura dello schermo visivo (che rappresenterebbe la propaganda, ciò che ci viene propinato per tenerci a bada) finiscono per accelerare la loro morte per stritolamento ad opera degli ingranaggi.
Affascinante quanto ben curato nei dettagli quest’interessante prospettiva che il gruppo ci pone davanti con questo nuovo EP, una riflessione davvero intrigante che merita un plauso, ma una volta accantonato il concetto logico è la musica che conta, altrimenti ci troviamo qui a discutere del nulla. Il Manifesto del Tritacarne musicalmente è valido, seppur con notevoli limiti, riguardanti più che altro la differenza tra ciò che potrebbero fare e ciò che invece concretamente hanno proposto nell’EP.  Mi spiego: una band che dà una simile parvenza di professionalità nella cura del sound, della produzione, nei testi, nella stesura di un concept, non può poi limitarsi a svolgere un compitino “ordinario”, ma al contrario dovrebbe osare maggiormente, aumentando anche magari la propria componente di sperimentazione e ricercando l’innovatività, che per un gruppo come i Ragestorm (che non sono definibili facilmente con una semplice etichetta) dovrebbe essere la molla in più che permette di emergere, in uno scenario abbastanza ridondante qual è quello del Metal moderno.
5 tracce più un intro quindi per questo EP, per poter elaborare un giudizio completo, 5 tracce di cui la prima vera è THE MEATGRINDER THEORY che si attesta su coordinate vagamente Thrash-Core, miste al Metalcore. La potenza non manca e il sound è ottimamente definito, si denota già una batteria portante e una voce duttile e istrionica nel passare dal growl più gutturale quasi tendente al Grind a uno scream più graffiante.  Segue CALL OF DUTY, titolo evidentemente ispirato al videogioco, visto che di guerra tratta, ma in una maniera meno banale di quella a cui siamo abituati, in quanto invita ad informarsi contro la disinformazione che si cela dietro al concetto di guerra e patria, che indirettamente alimentano il “tritacarne”. Qui c’è un leggero rallentamento dei ritmi rispetto al precedente, con qualche fugace apertura melodica, ed è ciò che troviamo anche in WHERE HEALTH MEANS DEATH forse leggermente corretto e migliorato. Anche qui da apprezzare l’ottimo lavoro di testo, la cui tematica va a toccare la mercificazione della sanità; si subentra sempre più nel Metalcore, accentuato uso di break down con la voce libera di spadroneggiare, ma comincia a delinearsi a questo punto anche il problema che accennavo in precedenza cioè la mancanza di novità che rischia di comprometterne il valore. Fortunatamente arriva NEW WORLD DISORDER e il livello si alza, le chitarre prendono convinzione e il riffing ne beneficia, ma in generale tutto il pezzo acquista valore, la solita ottima prova del singer pensa al resto, e qui si ha la prova che il gruppo se volesse potrebbe fare di più. IDIOCRACY conclude ripercorrendo quanto fatto dai pezzi precedenti.
The Meatgrinder Manifesto rimane quindi un buon ep, col rammarico che però sarebbe potuto essere ben superiore. La band ha il necessario per poter fare di meglio, con un po’ più di coraggio saremmo stati qui a parlare di un top disco. Sono certo che la consacrazione potrà arrivare al prossimo tentativo.

Torrrmentor

Contatti:

Tracklist:

01 Introduction to Indoctrination
02 The Meatgrinder Theory
03 Call of Duty
04 Where Health means Death
05 New World Disorder
06 Idiocracy




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Intervista - Andrea Litti


Terza intervista della serie “i BIG salentini”. Quest’oggi a rispondere alle nostre domande abbiamo un altro personaggio conosciutissimo e molto stimato della nostra scena musicale, nonché colui che mette tutti d’accordo ovvero l’onnipresente ANDREA LITTI.

1) Ciao Andrea, potremmo iniziare quest’intervista Metal Arci dicendo che tu sei visto da molti come il punto di congiunzione salentino tra il Metal e l’Hardcore.  Ti senti più appartenente a un contesto piuttosto che un altro o sei bipartisan allo stesso modo?
Beh, dal punto di vista musicale diciamo fifty-fifty più o meno... Da quello extra-musicale non sto qua a fare i pipponi su attitudine HC vs. attitudine Metal, i buoni e i coglioni li trovi dappertutto, ma sicuramente sento molto più vicine le tematiche a sfondo sociale/politico/eccetera rispetto a draghi, spadoni, satanassi, cadaveri mutilati... Ci sono gruppi HC che apprezzo anche solo per i testi e gruppi Metal che apprezzo anche solo per la musica, ma difficilmente succede il contrario.

2) Facci un breve carrellata della tua lunga carriera musicale, elencandoci tutti i progetti a cui ha preso parte dagli esordi del ’93 coi tuoi No Mental Effort sino ad oggi e quali sono stati i modelli chitarristici che ti hanno influenzato.
Breve, eh? Dunque... ho comprato la mia prima chitarra nel '91, rotto la mia prima corda il giorno dopo, imparato ad accordare decentemente solo molto tempo dopo. Il primo riff che ho imparato credo sia stato quello di Instinct Of Survival dei Napalm Death (il buongiorno si vede dal mattino), mentre i primi due gruppi in cui mi trovai immischiato, quasi in contemporanea, si chiamavano Antitetanica e Noxium. I primi, da cover band di Metallica e Sepultura divennero poi No Mental Effort, il mio primo gruppo “serio”, con due demo all'attivo e vari concerti suonati nei primi posti autogestiti del Salento, tra cui una data di spalla agli Unsane (sì, quelli di NY!) che capitarono incredibilmente a suonare da queste parti nel '96, al Neural di Corigliano d'Otranto. Dal '93 al 2000 ho schitarrato e urlato nei D.I.A., la prima e unica band salentina e forse pugliese a fare Grindcore puro e inadulterato. Con loro abbiamo registrato un demo, uno split 7” coi savonesi Shears e varie apparizioni su compilation very very underground su vinile, CD e cassetta, inoltre abbiamo suonato anche un bel po' in giro per l'Italia. Le soddisfazioni più grandi però le abbiamo avute ai nostri primi concerti in zona, quando chi veniva a vederci restava di sasso perché non si aspettava che i pezzi finissero dopo venti secondi! (Ah! Ah! Ah!) Purtroppo ci sciogliemmo proprio mentre era in preparazione il nostro primo LP, a causa del trasferimento all'estero del nostro batterista. A proposito di batteria, nel corso degli anni mi sono anche messo a pestare pelli con risultati forse non eccelsi tecnicamente ma di sicuro divertendomi un mondo! In principio (1998?) furono i Mario Rollo Bend poi divenuti Dominetor, una cover band demenziale di classici dell'HM col testo stravolto il cui nucleo originale era formato dai redattori della fanzine Mururoa (su cui ci sarebbe da scrivere un intero capitolo!). Subito dopo vennero gli Spinanelfianco, Hardcore ispirato alla vecchia scuola italiana di Negazione e Wretched, con cui purtroppo non siamo mai riusciti a registrare nulla a parte qualche prova, e più o meno nello stesso breve periodo ci furono anche Le Ceneri, Post-Grind caoticissimo con voce femminile e un demo all'attivo. Dopo questa fase di furore batteristico appesi le bacchette al chiodo fino al 2007, poi vennero i Fuckin'ostiA e il resto è cronaca. Tornando alla chitarra: nel '97 fondai gli Shank con Max, Enrico e Simone che provenivano dagli Hyoid (il miglior gruppo Metal salentino mai esistito, che purtroppo probabilmente in pochi si ricordano). Vabbé, gli Shank, e non lo dico per vantarmi, sono stati per un bel po' la band salentina più seguita in zona, sono campati per la bellezza di 13 anni attraverso due album, circa duecento concerti, numerosi cambi di formazione, qualche stop forzato e un'evoluzione musicale che ci portò dal Crossover totale e melodico degli esordi, che pescava da milioni di influenze diverse tra cui Deftones, Voivod, Faith No More, Fear Factory, Tool, Refused e Helmet, al Post-Hardcore dell'ultimo periodo con me anche alla voce (dal 2007 al 2010). Nel 2004 assieme a Christian Montagna e Antonio Donadeo formai i Traitor, Brutal Death-Grind con elementi Hardcore ispirato ai vari Misery Index, Dying Fetus, Nasum, Hateplow e Brutal Truth, anche loro con una storia travagliata di vari cambi di formazione e una fine prematura alla vigilia della registrazione del primo album e con un contratto discografico che aspettava solo la nostra firma... vabbé, so it goes... Abbiamo lasciato ai posteri un promo di sei pezzi che quasi nessuno ha mai ascoltato, il demo CD di quattro pezzi The World Is A Killing Field e uno split CD coi francesi Decoherence, con le stesse canzoni del demo CD ri-registrate, uscito nel 2005 per l'etichetta di Alex dei Necrotorture. Nel Febbraio 2010 sono entrato a suonare nei Cast Thy Eyes, che Christian aveva formato con Stefano e Pippo nel 2006. Attualmente la band è ferma, comunque in quest'anno trascorso assieme abbiamo fatto uscire l'album We Burn Into The Cold Eyes Of The Sun, scritto un'altra decina di pezzi che spero vedranno la luce prima o poi in qualche modo e forma, e suonato in lungo e largo nella penisola, riscuotendo anche un certo interesse da parte della stampa specializzata su carta e in rete. Dei CTE potete scaricare entrambi i dischi a questo indirizzi:
http://www.mediafire.com/?hbxfs1l6b045g7q (mini-CD omonimo del 2007)
Inoltre qui trovate lo split Traitor/Decoherence:
Per il futuro più o meno prossimo ho un paio di progetti in ballo che ancora devono partire, tra cui una specie di progetto solista in cui proverò a suonare tutti gli strumenti... una cosa che ho in mente da un annetto ma non ho ancora trovato il tempo (e il coraggio!) di affrontare.

3) Gli anni sul groppone sono ormai 35 e molti sono quelli trascorsi a schitarrare a destra e a manca, ma l’attitudine e l’entusiasmo (e il cappellino con la visiera) rimane quello di un giovinetto, ti si può definire come il Gianni Morandi incazzato del Salento? (sentiti liberissimo di mandarmi affanculo dopo ‘sta cosa…)
(Ah! Ah! Ah!) Cu butti velenu! Beh, sicuramente io e il grande Gianni abbiamo in comune il fatto che molti ci guardano strano per le rispettive scelte alimentari, anche se non scambierei mai il mio ormai decennale vegetarianesimo con la sua dieta... marrone!

4) Qual è stato il momento della “svolta”? C’è qualche album in particolare che ti ha indirizzato su questi binari, salvandoti da una probabile carriera da dj pieno di figa o da una brillante carriera universitaria?
“Salvandomi”? Beh, scusa Ale, ma intanto se la poni in questi termini direi piuttosto che m'ha sciuta propriu fiacca! La prima grande svolta è accaduta più o meno quando facevo le medie: andavo spesso a casa di un cugino più grande che collezionava vinili di tutti i tipi (attualmente è uno dei maggiori collezionisti europei di dischi rari dei Kraftwerk e dei Rockets), restavo ore a spulciare la sua collezione e a guardarmi tutte le copertine e ovviamente quelle che attiravano maggiormente la mia attenzione erano le copertine dei Maiden... un giorno gli chiesi di farmi ascoltare qualcosa da Somewhere In Time, allora appena uscito... il brano era Wasted Years e fu amore a primo ascolto. Pochi anni dopo scoprii che un altro cugino era già da un po' metallaro e addirittura suonava la chitarra in un gruppo! Divenne il mio primo guitar hero e grazie a lui ascoltai per la prima volta Ride The Lightning (altra svolta..) e decisi che anch'io dovevo avere una chitarra, e anche qui siamo alla cronaca...  nera!

5) Coi tuoi gruppi hai suonato in giro per l’Italia, con trasferte in tutti i luoghi e tutti i laghi... Quale di queste esperienze ha lasciato il segno più delle altre? E in tutto questo tuo essere cosmopolita ti è capitato qualche aneddoto assurdo da poter raccontare ai nostri lettori?
Nel 2003 andammo coi Traitor a registrare un promo a Rieti, nello studio dell'allora chitarrista degli Undertakers... Il disco uscì una merda e infatti non lo facemmo girare, ma i 5 giorni che siamo stati lì abbiamo dato sfogo al peggio di noi e abbiamo depredato più volte e nelle maniere più fantasiose il reparto alimentari di vari supermercati della città (Ah! Ah! Ah!)... Nel 2000 coi D.I.A. suonammo a Milano in un posto assurdo chiamato Kascina Ripamonti, che era il covo dei punkabbestia più marci e allo stadio terminale di lobotomia auto-inflitta, noti in tutti i posti occupati della città per essere dei rompicoglioni di prim'ordine (un amico ci aveva infilati in un festival che si teneva in quel posto per farci recuperare una data altrove, saltata all'ultimo secondo)... Tenevano le birre a raffreddare nell'acqua degli scarichi fognari e preparavano torte alla marijuana le cui piantine erano innaffiate con gli avanzi dei beveroni chimici, per cui ti lascio immaginare gli effetti psichedelici che procuravano, che per fortuna non provammo mai di persona ma ci furono raccontati dalle incolpevoli vittime... Tra i concerti più belli e memorabili sicuramente ci metto il Calabrian Metal Inferno 2010, le date messinesi e quella al Telos di Varese coi Cast Thy Eyes; il festival anti-OGM a Laterza e il benefit per la fanzine Ultimo Giro al Confino occupato di Cesena nel 2001 con gli Spinanelfianco; le date coi D.I.A. all'Etna 3 e al Borkiello occupato di Cervia, alla Delta House di Torino (tutti posti meravigliosi che purtroppo non esistono più) e il concerto alla Masseria Belli a Lecce assieme agli americani Decrepit nel '98; la data dei Traitor con i Dillinger Escape Plan a Lecce nel 2004 e al Lucky Moment di Taranto nel 2008; i concerti degli Shank con Linea 77 e Kiss Of Death a Torre Lapillo (2001?) e con gli Extrema a Lecce nel 2004, il concerto di spalla agli Unsane coi No Mental Effort nel '97...

6) Cosa è cambiato nel Salento da gli anni 80-90 ad ora per quanto riguarda la situazione generale del Metal e dell’Hardcore? (Immagino che ora ti farai prendere dalla nostalgia con la lacrimuccia a gli occhi mentre rispondi dicendo: “Eh…ai miei tempi…”)
(Ah! Ah! Ah!) Esatto! Guarda, in realtà gli anni '80 li ho vissuti solo come ascoltatore, e comunque dai racconti di qualche amico quasi quarantenne non è che ci fosse in giro chissà che... Gli anni '90 sono stati fondamentali perché nel giro di poco tempo nacquero in Salento numerose situazioni autogestite, tra cui il Centro Sociale Occupato “Stazione Ippica” a Lecce, il Gabba Gabba a Cutrofiano, Lu Macellu a Soleto, il Rosa Luxembourg a Leverano (Ilario Hopesend ne sa più di qualcosa), la Ragnatela a Maglie, lo Zoja a Veglie, il Baraonda a Supersano... luoghi in cui si sono formate almeno un paio di generazioni di giovani “alternativi” (non solo metallari). Differenze tra ieri e oggi? Ho scritto e riscritto questa risposta duemila volte... Tento la carta della brevità e dico che ieri rispetto a oggi c'era l'entusiasmo nel fare le cose con pochi mezzi ma con grande spirito pionieristico. Oggi qui vedo una situazione di stallo, come sempre legata soprattutto alla mancanza di spazi, ma anche alla poca voglia di fare delle nuove generazioni, fatte salve le dovute rare eccezioni naturalmente.

7) Abbiamo visto il Litti chitarrista/bassista/batterista/cantante/fonico/organizzatore di concerti e quant’altro… si potrebbe dire “una vita dedicata alla musica”, concordi? Cos’altro possiamo aspettarci? Ti vedremo in qualche nuova veste o stai iniziando a pensare a cosa fare da grande?
Ovviamente concordo! E comunque ho alle spalle anche una discreta carriera da fanzinaro, prima come membro della redazione di Mururoa dal '97 al '99 (http://www.facebook.com/group.php?gid=53816388601&v=wall), poi come creatore della fanzine Hardcore Causa Persa (inizio 2000) e infine come collaboratore saltuario di altre realtà cartacee e su web come Morgue Views, The Whip, Stillborn Webzine... tutti nomi che purtroppo oggi non molti ricorderanno. Cosa voglio fare da grande l'ho già deciso, anzi, lo sto già facendo per fortuna da qualche anno e lo dico e ripeto spessissimo: stare dietro a un mixer durante un live è l'unico lavoro non alienante a cui riesco a pensare e l'unico mio grande cruccio è di non aver iniziato a farlo prima... L'organizzazione di concerti è stata sempre, e sempre resterà finché continuerò a farlo, una passione a fondo perduto, che però mi ha dato anche delle belle soddisfazioni e mi ha permesso ospitare dalle nostre parti tante band allucinanti: Dillinger Escape Plan su tutti, ma anche tante band italiane validissime. Una cosa che ancora non ho fatto ma che presto o tardi farò è il fonico in qualche studio di registrazione...

8) Risposta secca:  Slayer o Metallica?
La risposta è secchissima: Slayer! Anche se dopo Divine Intervention secondo me potevano e dovevano godersi i frutti della pensione o continuare suonando solo live e facendo la cover band di sé stessi. Ma se me l'avessi chiesto prima del Black Album avrei avuto serie crisi di coscienza!

9) Darrell o Shuldiner?
Una domanda che farebbe sicuramente felice un amico gallipolino :)
Darrell, comunque.

10) Tette o culo?
Beh, dipende!

11) Sempre contro il sistema e anti-conformista massimo, al punto che negli anni in cui impazzava il detto “Sex, Drugs and Rock ’n’ Roll” abbracciasti lo stile di vita straight edge che predicava l’allontanamento dal nichilismo del Punk di allora, diventando quindi quasi una “mosca bianca” nel Salento Metal. Vuoi parlarci di quell’esperienza e cosa ti ha spinto poi a ricrederti? (PS: eterna giovinezza e principi da bravo ragazzo: voglio farti notare che le somiglianze con Morandi aumentano, spero tu non sia anche coprofago!)
Cu butti velenu tu e Morandi, parte 2! :)
Tanto per cominciare non mi sono mai davvero ricreduto, e per strano che possa sembrare non mi sono ancora mai ubriacato in vita mia, il concetto di sigaretta e vizio del fumo mi fa cagare e sul resto non sto nemmeno a spendere parole, anche se i miei amici di più vecchia data ancora si meravigliano se mi vedono con una birra o un Disaronno in mano... Anticonformista? A me questa parola sa di ostentazione forzata di una diversità formale e di facciata, che spesso diventa essa stessa un'uniforme o una tessera di appartenenza...

12) Da sempre sei molto attivo in campo social-culturale con un impegno sempre crescente (al limite dell’ubiquità) nel supportare cause umanitarie/ambientali/animaliste. Nell’attuale clima di tensione per quello che sta succedendo nel mondo, in particolare in Libia e Giappone su cosa pensi che bisognerebbe fare maggiore attenzione, su quali temi vorresti che la società si sensibilizzasse maggiormente?
Visto in che periodo di merda viviamo, sta solo alla sensibilità di ognuno la scelta di qualcosa da fare per incidere in maniera positiva sul mondo che ci circonda. Le possibilità sono talmente tante e coinvolgono talmente tanti aspetti della nostra esistenza, a partire da cosa mangiamo, cosa indossiamo, come e dove spendiamo i nostri soldi, per finire alle tematiche di scala mondiale: nucleare, guerra, eccetera, che basta davvero avere voglia di cacciare la testa fuori dalla finestra. Io da dieci anni ho smesso di mangiare carne. Sembra una cazzata, e in genere quelli a cui lo dico mi guardano come un malato (“non mangi carne? E comu faci cu te mantieni?” come se un intero alfabeto di centinaia di vegetali commestibili e coltivati da millenni, dall'Avena alla Zucchina, non fosse mai esistito), ma già questa cosa potenzialmente riguarda tanti aspetti della nostra esistenza, non solo il rispetto o la compassione per altre forme di vita la cui morte non è necessaria alla mia sopravvivenza. I danni incredibili e su più livelli dell'industria dello sfruttamento animale (non solo l'industria della carne o del pellame, ma anche pratiche abominevoli come la vivisezione e la sperimentazione “scientifica”, medica e cosmetica, e il business di circhi, palii e corride) dall'inquinamento e la devastazione dell'ambiente, passando per i danni alla nostra salute, per finire alla riproduzione delle strutture gerarchiche e autoritarie della nostra società (in parole povere: “il più forte ha il diritto di sfruttare, ingabbiare e uccidere il più debole”), sono davanti agli occhi di tutti e colpiscono anche l'uomo, non solo le incolpevoli vittime dirette.

13) L’intervista si conclude qui. Grazie per la disponibilità, saluta i lettori di Metal Arci Webzine come meglio credi. (PS: Morandi la chiuderebbe con un STIAMO UNITI, giusto a titolo informativo, eh…)
Morandi è il simbolo di un mondo in cui tutti mangiamo merda, ma almeno lui decide di farlo liberamente mentre noialtri siamo costretti! Grazie mille a te Ale, ci si vede in giro nei soliti (pochi) posti e alla prossima.

Torrrmentor

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