domenica 13 febbraio 2011

Recensione - ESSENZA


ESSENZA - Devil’s Breath
(2009, BIGMUD Records)

Gli Essenza non hanno bisogno di presentazioni: una band attiva dal 1993, 2 ep e 3 album (tra cui quest’ultimo Devil’s Breath), tanti live e tanta esperienza alle spalle. Per non parlare della tecnica individuale dei tre componenti: tanto di cappello…
Il disco che vado a recensire, date le premesse, non poteva che farmi venire l’acquolina in bocca! E non ha deluso le mie aspettative…
Devil’s Breath è un album quadrato. Non nel senso che non entra nel vostro lettore cd, ma che non ha nulla fuori posto: chitarre rocciose, basso e batteria solidi, voce che traccia linee essenziali e facili da memorizzare. Le 8 tracce seguono il solco delle più classiche Hard Rock/Heavy Metal band ’70-’80 senza però mai scadere in facili plagi, e non risultando ripetitive. L’insidia più grande, per chi suona questo genere, è proprio quella di dover fare i conti con le grandi band del passato avendo pochi margini di manovra: omaggiare senza copiare, innanzitutto, e contemporaneamente avere poche possibilità di reale innovazione.
Gli Essenza si dimostrano molto bravi in questo. Devil’s Breath potrebbe benissimo passare per un disco registrato 30 anni fa… lo spirito è quello!
In realtà, si capisce che è un disco di ultima generazione dal lavoro di Alessandro Rizzello al basso e Paolo Colazzo alla batteria, mentre le parti di chitarra di Carlo Rizzello le definirei molto più vintage. Niente di male, ripeto: lo spirito è quello…
Se andiamo ad ascoltare DANCE OF LIARS mettendoci sotto un Hammond, ad esempio, avremmo i Deep Purple di Richie Blackmore e John Lord… mentre DEEP INTO YOUR EYES richiama forse più i Black Sabbath
Come ho già detto prima si tratta di piacevoli richiami, mai di plagi, e comunque sempre mantenendo uno stile molto personale. Un marchio di fabbrica c’è ed è molto ben definito.
I suoni sono molto ben curati, e le scelte stilistiche dei tre musicisti (break, riff, soli…) sono indiscutibilmente di gusto e ottimamente incastrati nei pezzi.
Menzione a parte per la voce: se da un lato ne ho sottolineato i pregi, tra cui le linee vocali efficaci pur essendo essenziali, dall’altro devo dire che andava alzata leggermente a livello di volume e arricchita a livello di effetti (magari un leggero delay e una diversa compressione) per avere una maggiore profondità e presenza.
Insomma, a voler proprio cercare il pelo nell’uovo, 8 tracce mi sembrano poche: scorrono piacevolmente, ma il disco finisce troppo presto, per noi affamati di sano Hard Rock suonato come si deve…
Che dire? Un album assolutamente da avere, e una band da supportare e andare a vedere dal vivo!
Long live Rock ‘N’ Roll!!!

The Rock Child

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