lunedì 20 dicembre 2010

Recensione - VINTERBLOT

VINTERBLOT - For Asgard
(2010, Autoprodotto)

Quando ho ricevuto la mail di Metal Arci con la richiesta di recensire l’ep dei baresi Vinterblot, ho sentito un forte brivido percorrermi la schiena. Dovete infatti sapere che sebbene sia radicata in me l’affinità al Power Metal più sperimentale, è ancora più radicato l’amore per la mitologia norrena, qualunque sia l’arte che la tratta: ho divorato libri, consumato i polpastrelli con videogiochi (Rune in primis!!) e sfondato i timpani con band che trattavano queste tematiche nelle loro canzoni, primi fra tutti gli Amon Amarth. E i Vinterblot intendono ripercorrere esattamente lo stesso percorso musicale dei maestri svedesi, sia nelle musiche che nei testi. Premetto che ho assistito in prima persona ad un concerto dei Vinterblot, quando vennero a suonare all’Olimpio Rock Café di Racale (LE). In particolare ricordo il momento in cui hanno eseguito FREE WILL SACRIFACE degli Amon Amarth: in quel momento strinsi al mio petto il mio Mjolnir (il martello del dio Thor) che porto sempre appeso al collo e cantai sommessamente sui versi di Hegg in un crescendo di emozioni che raramente ci si aspetta di provare ascoltando una band emergente.
Eccovi quindi spiegato il perché del mio fervore nel recensire il primo ep del combo barese, e spero che le righe che scriverò possano aiutare in qualche modo questa band così vicina alle mie inclinazioni ad emergere dall’underground.
Come già accennato prima, i Vinterblot ricoprono le stesse identiche fattezze che contraddistinguono anche la proposta musicale degli Amon Amarth, e in tutto e per tutto. A parte l’intro strumentale, infatti, si fa davvero fatica a trovare delle divergenze fra le due band, soprattutto per gli “incroci” delle chitarre e per il growling del cantante, molto simile all’ultimo Johan Hegg, che ha eliminato quasi del tutto lo screaming in virtù di un growling più pastoso, salivare e fondamentalmente meno aggressivo ma più oscuro rispetto ai canoni del Death classico. Anche il basso e la batteria trovano perfettamente il loro incastro nell’insieme, pur non emergendo in maniera drastica ma amalgamandosi al composto.
L’ep comincia con un’intro strumentale di un minuto e mezzo, non gloriosa né aggressiva bensì tetra e malinconica… come una marcia funebre o un inno alla battaglia da cui si sa già di uscirne senza vita… o magari un’introduzione al passaggio della Naglfar, la leggendaria nave composta da unghie di defunti che preannuncia l’inizio del Ragnarok, la fine del mondo. Il secondo brano si collega all’intro per quanto riguarda il mood tetro e introspettivo, ma se ne discosta per il ritornello epico e cadenzato, a suggellare l’eroico coraggio degli dei dell’ordine capitanati da Odino contro la minaccia dei giganti, eterni nemici del pantheon nordico. In seguito troviamo il brano NAGLFAR, che parla quindi dell’orribile imbarcazione preambolo del giorno del giudizio, e lo fa con tinte più aggressive e rabbiose. Poi arriva il turno di AS SLEIPNIR RISES, senza dubbio la mia preferita dell’ep: intensa, appassionata, epica e complessa pur nella sua disarmante semplicità compositiva (Sleipnir è il cavallo a otto zampe di Odino, nato dall’unione tra Loki, travestito da giumenta, e un possente cavallo appartenente a un gigante travestito.. ebbene sì, la fantasia norrena è senza limiti). Forse qui avrei un po’ appesantito i cori che urlano “hail!”, anche sfruttando qualche effetto computerizzato, perché no, ma complessivamente spacca ugualmente, ed è ovvio che in sede live si abbia l’obbligo di urlare a squarciagola per rendere ancor più sanguinante l’effetto scenico. Le ultime due tracce del disco, VINTERBLOT e BLOOD FURNACE sono a mio avviso l’emblema degli Amon Amarth più recenti, caratterizzati da brani più tirati e d’atmosfera rispetto alla ferocia degli esordi.
Ciò che si fa notare fin da subito è la sfacciata somiglianza con gli Amon Amarth: solo un orecchio molto attento potrà accorgersi al primo ascolto che non si tratta degli svedesi bensì di una band emergente proveniente da una zona (la Puglia) che di “vichingo” possiede ben poco. Anche a livello di produzione i risultati sono dignitosi e non si rimpiangono i suoni martellanti curati dalla Metal Blade. L’ep scorre lisco e fluido nel lettore, e appena concluso è probabile che inviti ad un altro ascolto più approfondito, senza stancare l’ascoltatore. Se proprio devo trovare un difetto nella proposta musicale dei Vinterblot, posso magari parlare della loro poca originalità: essendosi così profondamente ispirati agli Amon Amarth, non sono riusciti a sviluppare una loro identità ben distinta. Ma ci sono due punti a favore dei baresi: per prima cosa non esistono molte band che suonino quel genere, quindi la presenza di una band italiana (e pugliese!!!) così vicina agli Amon Amarth è già comunque a suo modo un’originale novità; e poi comunque pur seguendo le orme dei maestri, i Vinterblot non hanno scopiazzato nulla, nemmeno un semplice riff o un giro armonico. Le cinque tracce (esclusa l’intro) dell’ep potevano tranquillamente risultare nella tracklist di un nuovo disco degli Amon Amarth, senza nessuna caduta di stile, anzi. Quindi i miei più sinceri complimenti ai Vinterblot, con la speranza che presto si possa ascoltare un full-lenght, magari prodotto da un’etichetta che possa garantire ai baresi la visibilità che meritano.

Grewon

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